A cura di Avv. Daniela Messina
APPALTO
- Responsabilità del committente e dell’appaltatore per danni a terzi
La Corte di Cassazione, con sentenza del 17 marzo 2021 n. 7553, dopo aver precisato che “in tema di appalto di opere pubbliche, gli specifici poteri di ingerenza della p.a. nella esecuzione dei lavori, con la facoltà, a mezzo del direttore, di disporre varianti e di sospendere i lavori stessi, ove potenzialmente dannosi per i terzi, comportano la esclusione di ogni esenzione da responsabilità per l’ente committente”, ha enunciato il seguente principio di diritto: “nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere, effettuate in forza di contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova limite esclusivamente nel caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore. Il caso fortuito, poi, non può essere applicato con una modalità peculiare e riduttiva, così da reintrodurre, per altra via, un’abusiva “contrattualizzazione” della fattispecie: esso non può automaticamente coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore degli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente, non potendosi sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità che costituisce la sostanza del caso fortuito previsto dall’art. 2051 c.c. come limite della responsabilità oggettiva ivi configurata. L’imprevedibilità/inevitabilità, pertanto, non deve essere degradata a una vuota fictio, bensì afferire ad una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente che – adempiendo così rettamente il suo obbligo custodiale – abbia seguito l’esecuzione del contratto con un continuo e adeguato controllo, eventualmente tramite un esperto direttore dei lavori.”
RESPONSABILITA’ CIVILE
- Responsabilità della P.A. ex art. 2051 cc: repentinità e imprevedibilità
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 6826 dell’11 marzo 2021, ribadisce che la P.A. rimane liberata dalla responsabilita’ ex articolo 2051 c.c. in relazione ai beni demaniali ove fornisca la prova liberatoria che l’evento e’ stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili ne’ eliminabili con immediatezza neppure con la piu’ diligente attivita’ di manutenzione, ovvero che abbia esplicato la sua potenzialita’ offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, fosse possibile l’intervento riparatore dell’ente custode, e cioé allorquando, in caso di repentina e imprevedibile alterazione dello stato della strada e delle sue pertinenze, l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attivita’ di controllo espletata con diligenza per tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi.
FAMIGLIA
-
Assegno divorzile e riconoscimento effetti civili alla sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9004 del 31/03/2021, a risoluzione di un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato il seguente principio di diritto: in tema di divorzio, il riconoscimento dell’efficacia della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio religioso, intervenuto dopo il passaggio in giudicato della pronuncia di cessazione degli effetti civili ma prima che sia divenuta definitiva la decisione in ordine alle relative conseguenze economiche, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio civile avente ad oggetto lo scioglimento del vincolo coniugale, il quale può dunque proseguire ai fini dell’accertamento della spettanza e della liquidazione dell’assegno divorzile.
LAVORO
- Licenziamento illegittimo e risarcimento del danno
In tema di risarcimento del danno in caso di licenziamento illegittimo, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza n. 6319 del 8/3/2021, ha affermato, dando seguito a quanto stabilito dalla Corte di giustizia U.E. con la sentenza 25 giugno 2020, cause riunite C-762/18 e C-37/19, che, nell’intervallo temporale tra la data di licenziamento e quella di reintegrazione, il lavoratore ha diritto a vedersi corrispondere anche l’indennità sostitutiva delle ferie, dei permessi e delle festività non godute, atteso che il diritto alle ferie, previsto dall’art. 31, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dalla dir. 2003/88/CE, come interpretati dalla Corte di giustizia, non può essere subordinato all’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa qualora tale svolgimento sia impedito da fattori imprevedibili ed estranei alla volontà del lavoratore, tra cui rientra l’iniziativa del datore di lavoro, rivelatasi poi illegittima.
- Licenziamento per impossibilità oggettiva di rendere la prestazione lavorativa (dipendente agli arresti domiciliari)
La Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza n. 6714 del 10 marzo 2021, ha escluso l’operatività dell’obbligo di repéchage in quanto, nel caso di impossibilità sopravvenuta ex art. 1464 cod. civ. per stato di detenzione del lavoratore -a differenza di quanto accade nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo- vi è un fatto oggettivo, estraneo alla volontà del datore di lavoro e non riconducibile alle sue scelte imprenditoriali -, che incide sulla organizzazione aziendale, con conseguente impossibilità di ipotizzare ogni ricollocamento alternativo e/o parziale. In altri termini, vi è una ragione ostativa che rileva intuitu personae sicché il repéchage è escluso per una impossibilità intrinseca di operatività di detto istituto che richiede, invece, pur sempre una fungibilità ed una idoneità attuale lavorativa (sia pure parziale) del dipendente.
- Rifiuto alla vaccinazione anti covid: messa in ferie del lavoratore
Il Tribunale di Belluno, con ordinanza 19 marzo 2021 (antecendete, quindi, al DL 44/2021 art. 4 n.d.r.) si è pronunciato sul caso di alcuni infermieri e operatori di una rsa che non si erano vaccinati anti covid 19 pur essendo il vaccino a loro disposizione e, in base alle disposizioni del TU sulla sicurezza del lavoro (d.lgs. 81/2008), erano stati ritenuti dal medico competente inidonei alla mansione specifica; di conseguenza, il datore di lavoro li aveva messi in ferie, retribuite. Secondo il Tribunale, i lavoratori erano impegnati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro ed è pertanto evidente il rischio per i medesimi di essere contagiati. Inoltre, sottolinea che “la permanenza dei ricorrenti nel luogo di lavoro comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell’obbligo di cui all’art. 2087 cc.” e “che è ormai notorio che il vaccino per cui è causa – notoriamente offerto, allo stato, soltanto al personale sanitario e non anche al personale di altre imprese, stante la attuale notoria scarsità per tutta la popolazione – costituisce una misura idonea a tutelare l’integrità fisica degli individui a cui è somministrato, prevenendo l’evoluzione della malattia”. Secondo il giudice del lavoro, quindi, il provvedimento di messa in ferie era del tutto legittimo, perché, conclude il giudice, nella gestione del diritto alle ferie, nel caso di specie l’esigenza del datore di lavoro di osservare il disposto di cui all’art. 2087 cc. prevale sull’eventuale interesse del prestatore di lavoro di usufruire di un diverso periodo di ferie.
- DL 44/2021 art. 4: obbligo vaccinale per professionisti e operatori sanitari
Si rimanda all’articolo pubblicato al seguente link https://www.avvocatodanielamessina.it/covid19-mascherine-e-vaccini-quali-obblighi-per-il-lavoratore/